Non solo sfruttati, ma anche discriminati. Costretti a dormire su giacigli improvvisati allinterno di fatiscenti baracche, e a mangiare per terra come le bestie, i rifugiati africani sotto severa sorveglianza lavorando al fianco di altri extracomunitari, perlopiù indiani e romeni, dovevano subire lumiliazione i essere pagati meno rispetto agli altri, per via del colore della loro pelle. Non siano nell800 e nemmeno in una piantagione di cotone, ma nella contemporaneità di unazienda agricola calabrese. Sono stati i carabinieri della compagnia di Paola a scoperchiare questa vergognosa situazione, nellambito di unoperazione volta al contrasto dello sfruttamento dei rifugiati ospitati nei centri di accoglienza. Condotte in particolare dai militari della stazione di Amantea, le indagini hanno preso piede lo scorso giugno dirette del sostituto procuratore, Anna Chiara Fasano, con il coordinamento del procuratore capo della Repubblica di Paola, Pierpaolo Bruni. E stato così appurato che i rifugiati (provenienti da Gambia, Senegal, Nigeria, e Guinea Bissau), dopo esser stati prelevati in una stradina limitrofa al centro di accoglienza Ninfa Marina, venivano condotti a lavorare in unazienda agricola di due fratelli di Amantea, di 48 e 41 anni. I due, come detto, usavano modalità ed atteggiamenti a dir poco schiavisti, motivo per cui sono scattati gli arresti con laccusa di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, aggravati dalla discriminazione razziale. Cè da sottolineare che il sequestro preventivo dellazienda e di altri beni mobili registrati, di proprietà degli arrestati, hanno un valore stimato in circa due milioni di euro. Questo tanto per dare idea della spietatezza di questi due padroni.
M.